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Lunedì 28 novembre 2005

Io verrò e lo curerò... (Mt 8,5-11)
Il
silenzio non ci manca, perché lo abbiamo. Il giorno in cui ci mancasse,
significherebbe che non abbiamo saputo prendercelo. Tutti i rumori che ci
circondano fanno molto meno strepito di noi stessi. Il vero rumore è l’eco
che le cose hanno in noi. Non è il parlare che rompe inevitabilmente il
silenzio. Il silenzio è la sede della Parola di Dio, e se, quando
parliamo, ci limitiamo a ripetere quella parola, non cessiamo di
tacere.
I
monasteri appaiono come i luoghi della lode e come i luoghi del silenzio
necessario alla fede. Nella strada, stretti dalla folla, noi disponiamo le
nostre anime come altrettante cavità di silenzio dove la Parola
di Dio può riposare e risuonare. In certi ammassi umani dove l’odio, la
cupidigia, l’alcool segnano il peccato, conosciamo un silenzio di deserto
e il nostro cuore si raccoglie con una facilità estrema perché Dio vi
faccia squillare il suo nome: Vox clamans in deserto!” (una voce grida nel
deserto!)
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